Una propaganda Gay del tutto sospetta ormai.. ed è confermato essere un paino socio politico dell'elite. Insegnare ai Bambini perchè ?(lo trovi qui)
OMOSESSUALI NON SI NASCE Sono medico e curo i gay, la metà vuole cambiare
Dal 1967, quando discusse la sua tesi di laurea ad Amsterdam, lo
psicologo olandese Gerard van den Aardweg mette in discussione la teoria
che indica un’origine genetica dell’orientamento omosessuale. «Non c’è
nulla di innato, è soltanto disinformazione», spiega a Libero, «Dopo 15
anni di ricerche sui gemelli,
monozigoti e no, non è stato dimostrato proprio nulla. Anzi, tutto
indica il contrario, cioè che il contributo genetico all’omosessualità è
pari a zero».
Se i movimenti gay vogliono provocare un cambiamento sociale, significa che hanno un progetto politico?
«Sono il retroterra di un progetto più grande, come quello dei
movimenti anti-famiglia e anti-natalista, che hanno ottenuto successi
politici riuscendo per esempio a convincere gli Stati a sostenere i
programmi di sterilizzazione. La normalizzazione dell’omosessualità si
innesta in questa tendenza: se si riescono a crescere generazioni
convinte che l’omosessualità sia accettabile, si avranno anche nuove
risorse per combattere la guerra psicologica e di propaganda che
condurrà a una drastica diminuzione del tasso di natalità. Da soli, i
movimenti gay non avrebbero avuto la forza di affermarsi, perché non
hanno il consenso della popolazione. Perciò cercano, e in parte vi sono
riusciti, di deviare l’opinione pubblica con la loro propaganda».
Quali argomenti utilizza per contrastare quella propaganda?
«Semplicemente la diffusione di informazioni veritiere e la promozione
di relazioni familiari e matrimoni migliori. Questo mi pare il momento
buono. Nei Paesi Bassi si avverte già una saturazione crescente riguardo
alla propaganda gay, un’ideologia che ha esagerato.
Sfidare i pregiudizi sull’omosessualità è possibile, perfino da una
prospettiva insolita e dichiarata inaccettabile da parte dei movimenti
gay.
Dal 1967, quando discusse la sua tesi di laurea ad Amsterdam, lo
psicologo olandese Gerard van den Aardweg mette in discussione la teoria
che indica un’origine genetica dell’orientamento omosessuale. «Non c’è
nulla di innato, è soltanto disinformazione», spiega a Libero, «Dopo 15
anni di ricerche sui gemelli, monozigoti e no, non è stato dimostrato
proprio nulla. Anzi, tutto indica il contrario, cioè che il contributo
genetico all’omosessualità è pari a zero».
Van den Aardweg è in Italia per un corso organizzato da una decina di
associazioni che propongono un’alternativa al coming out. Invece di
seguire la teoria affermativa (“accettati per quello che sei”), si dà
una possibilità di cambiare. A chi vuole, si intende.
Eppure anche gli effetti della terapia riparativa sono discussi. Perché alcuni ritengono che sia addirittura pericolosa?
«Non c’è nessun pericolo. Magari alcuni abbandonano la terapia per un
motivo qualsiasi, poi vanno in crisi per altre ragioni indipendenti e
sprofondano di nuovo nel loro peccato».
Lo definisce peccato?
«Certo. È la conseguenza di un complesso di inferiorità rispetto alla
propria mascolinità nel caso degli uomini o della propria femminilità
nel caso delle donne. Ma è soprattutto una menzogna verso se stessi. E
il cattivo comportamento sessuale che ne deriva è peccato. E si
tratta di un sentire assolutamente universale, in tutte le società,
non soltanto in quelle di tradizione giudeo-cristiana. Anche nella
cultura cinese e in quella africana non è considerato lecito. Ed è
segno che il rifiuto sociale dell’omosessualità deriva dal senso
comune».
Come mai in Occidente si fanno tanti sforzi per rendere socialmente accettabile l’omosessualità, allora?
«È dagli anni Settanta che i movimenti gay hanno compreso che, se si
riesce a vendere l’idea dell’omosessualità innata, si può provocare un
cambiamento sociale. Perciò cercano sempre nuove indicazioni che,
puntualmente, dopo qualche anno sono smentite. Io le chiamo le “teorie
della farfalla”, perché catturano l’attenzione dei media ma poco dopo
muoiono».
Se i movimenti gay vogliono provocare un cambiamento sociale, significa che hanno un progetto politico?
«Sono il retroterra di un progetto più grande, come quello dei movimenti
anti-famiglia e anti-natalista, che hanno ottenuto successi politici
riuscendo per esempio a convincere gli Stati a sostenere i programmi di
sterilizzazione. La normalizzazione dell’omosessualità si innesta in
questa tendenza: se si riescono a crescere generazioni convinte che
l’omosessualità sia accettabile, si avranno anche nuove risorse per
combattere la guerra psicologica e di propaganda che condurrà a una
drastica diminuzione del tasso di natalità. Da soli, i movimenti gay non
avrebbero avuto la forza di affermarsi, perché non hanno il consenso
della popolazione. Perciò cercano, e in parte vi sono riusciti, di
deviare l’opinione pubblica con la loro propaganda».
Quali argomenti utilizza per contrastare quella propaganda?
«Semplicemente la diffusione di informazioni veritiere e la promozione
di relazioni familiari e matrimoni migliori. Questo mi pare il momento
buono. Nei Paesi Bassi si avverte già una saturazione crescente riguardo
alla propaganda gay, un’ideologia che ha esagerato. Era molto più
influente trent’anni fa, quando se ci si dichiarava omosessuali si era
oggetto di una discriminazione positiva e si ottenevano i posti di
lavoro migliori. Ora si assiste a una certa, lieve, controtendenza. Il
ministro della Sanità olandese, pur essendo di sinistra, ha concesso
sussidi triennali a gruppi di ex-gay che aiutano le persone a orientarsi
nella direzione giusta. Potrebbe rappresentare un inizio per chi è
davvero discriminato».
Chi intende?
«Coloro che soffrono da soli e in silenzio, quel 50 x cento di giovani
che scoprono di avere quel tipo di sentimenti, ma non vogliono
precipitare nella vita omosessuale. Vorrebbero cambiare, ma intorno a
loro tutto sembra renderglielo impossibile, perché i gruppi militanti e i
politici li discriminano».
Anche grazie alle leggi anti-discriminatorie? Pensa che restringano gli spazi della libertà di opinione?
«Certo che li restringono. Creano difficoltà concrete in alcune
professioni per chi non accetta le parole d’ordine pro-gay. Ormai è come
ai tempi del nazismo: chi era contro le leggi razziali veniva isolato».
Fonte:
http://lucaditolve.altervista.org/omosessuali-non-si-nasce-sono-medico-e-curo-i-gay-la-meta-vuole-cambiare/